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«Origini», 10 (1976) |
LA TANACCIA DI BRISIGHELLA |
PROBLEMI CRONOLOGICI E CULTURALI |
Germana FAROLFI (Istituto di Archeologia dell’Università di Bologna) |
STORIA DEGLI SCAVI La Tanaccia è una cavità naturale che si apre sul versante Nord del Monte Rontana, in località Ca' Cavulla, nel comune di Brisighella (prov. RA), nella caratteristica Vena dei Gessi della Romagna, compresa tra le vallate del Lamone e del Senio 1. Scoperta nell'autunno del 1934 dallo speleologo triestino Giovanni Morning 2, fu oggetto, nella primavera dell'anno successivo, di un primo sondaggio, con cui furono portati in luce i materiali tuttora conservati presso il Liceo-Ginnasio Torricelli di Faenza. La caverna, allora, si presentava «...con un imponente arco di 8 m. di altezza e di 12 m. di larghezza ed una lunghezza visibile di 14 m. (visibile perché, oltre i massi che sembrano chiuderla, dei pertugi portano ad un secondo vano). Lungo la parete Ovest, alla destra di chi entra, un profondo crepaccio si sprofonda lungo la parete e, discendendo in esso, si giunge in un'altra caverna, grande quanto la prima, ma con il soffitto molto più basso... Oltre il crepaccio sopra menzionato si apre una stretta galleria, lunga 8 m. » 3. La maggior parte del materiale portato in luce dal Morning venne trovato nel cunicolo sopra citato, perché lì non avvennero delle frane, che, invece, interessarono continuamente altre zone della grotta, modificandola notevolmente in tempi lontani e rendendola, più recentemente, di accesso difficoltoso e, in alcuni punti, pericolosa. A distanza di venti anni dal primo sondaggio, furono iniziati gli scavi sistematici, diretti dal prof. G. Monaco, Soprintendente alle Antichità dell'Emilia-Romagna e condotti da R. Scarani, che si susseguirono alle seguenti date: 29-30 luglio 1955 (esplorazione preliminare per saggiare la consistenza stratigrafica del deposito antropico); 22-27 agosto 1955 (primo intervento su basi sistematiche); 29 agosto-7 settembre 1956 (terza ed ultima campagna di lavoro). Detti scavi non interessarono l'intera superficie della grotta, ma furono aperte tre trincee, nella parte anteriore di essa ed in parte in un ambiente più interno; in quest'ultimo punto fu incontrata una completa seriazione stratigrafica, così ricostruibile: 1) Straterello superficiale di circa cm. 10, contenente residui organici ed inorganici di recentissima data; 2) Strato di terreno scuro, dello spessore di cm. 60, con pochi frammenti fittili, attribuibili all'età del Ferro; 3) Strato di terreno gialliccio, granuloso, sterile, dello spessore di 40-60 cm., formato con materiali provenienti dal disfacimento termoclastico della volta gessosa; 4) I livelli superficiali del terreno culturale furono raggiunti a m. 1,30; esso fu calcolato complessivamente di m. 2,70 di spessore, caratterizzato dai seguenti livelli: a) terreno grigio, molto carico di carboncini e assai fertile di materiale archeologico; b) terreno a tonalità più chiara, con normale dotazione di industrie varie; c) terreno nerastro, molto ricco di reperti. I livelli sopra citati non presentavano alcuna successione di continuità; tracce di un grosso focolare apparvero nella parte intermedia del terzo livello dove, secondo Scarani, si trovarono materiali tipici delle culture di Remedello e di Polada associati. Dal giornale di scavo risulterebbe che altri focolari fossero comparsi in regolare sovrapposizione stratigrafica. 5) Fondo roccioso della grotta, rivestito da una coltre di argilla giallastra, granulosa 4. I materiali, rinvenuti durante le campagne di scavo, sono conservati, in gran parte, nella Soprintendenza Archeologica di Bologna; i reperti più significativi sono stati, invece, di recente, esposti nel Museo Nazionale di Ravenna. Un gruppo di materiali è stato ceduto, al momento dello scavo, al sig. Bettini di Livorno, che, finora, si è rifiutato di consegnarlo. Di tutto l'abbondante materiale raccolto, solo una minima parte è stata pubblicata 5. Le precise distinzioni di strati e di livelli, che si leggono sul giornale di scavo, non si sono quasi mai riscontrate sul materiale, o per originaria mancanza o per successiva perdita. Di conseguenza si è costretti a prendere in considerazione il materiale seguendo il metodo della classificazione tipologica; i manufatti sono stati suddivisi per materia, limitandosi a fornire un esemplificativo accostamento di forme, senza poter elaborare un rapporto culturale che, si ritiene, sarebbe stato certamente interessante per chiarire aspetti finora poco noti nell'ambito della regione e per contribuire a dare una conferma a problemi tuttora aperti nel campo della Paletnologia italiana. ANALISI DEL MATERIALE CERAMICA Si intende presentare il materiale fittile seguendo, per quanto possibile, la successione cronologica e la classificazione tipologica che si sono potute individuare; più precise indicazioni di inquadramento culturale e cronologico verranno man mano fornite al momento della catalogazione e nelle conclusioni. Un primo gruppo di materiali può essere considerato di tradizione lagozziana. L'influsso della cultura della Lagozza alla Tanaccia viene però negato da qualche studioso, in particolare dal Guerreschi 6. A questo proposito vorrei sottolineare, in primo luogo, che è sempre molto difficile porre limiti geografici alle culture e alle loro influenze, dal momento che, ovviamente, i dati relativi a ciò sono legati all'area di distribuzione dei ritrovamenti, in secondo luogo, che è eccessivo non ammettere che influssi di una cultura come la Lagozza, che mostrano di essere continuati a lungo nel tempo, possano essere riecheggiati in un deposito come la Tanaccia che, proprio dei suoi primi tempi di vita, ha restituito manifestazioni di notevole qualità per tecnica e per gusto estetico. Tale gruppo comprende: - Ciotola carenata con alta spalla pressocché rettilinea e orlo leggermente svasato, carena bassissima, arrotondata, fondo lenticolare con umbilico. Impasto depurato, nero, superficie lucidissima (fig. 4,1) 7. - Ciotola carenata con spalla leggermente concava, carena piuttosto bassa, fondo convesso. Impasto depurato, superficie lisciata, nerastra con sfumature rossastre (fig. 1,1) 8. - Ciotola carenata con spalla troncoconica, carena bassa, arrotondata e appena accennata, fondo lenticolare. Impasto poco depurato, superficie lisciata, nerastra con sfumature bruno-rossastre (fig. 1, 2). - Poculo troncoconico con fondo piano leggermente a tacco. Impasto con inclusi, superficie scabra, grigiastra (fig. 4, 2). Esso si può confrontare tra le forme del vasellame più rozzo della cultura della Lagozza 9. Si impone all'attenzione quale unicum nel contesto della Tanaccia: - Orcio carenato con alta spalla concava, carena a media altezza sottolineata da una solcatura, fondo globoso, piccola base piana; traccia di attaccatura dell'ansa sulla carena e sull'orlo. Impasto depurato, superficie lisciata e lucidata, grigiastra (fig. 4, 3). Per la forma può essere genericamente confrontato con gli orcioletti presentati tra le forme meno frequenti della cultura della Lagozza 10 e che si ritrovano ancora diffusi, in impasto grossolano, nella cultura di Polada. Confronti lati si possono istituire con i tipici vasibrocche provenienti dalla fonte sacra della Panighina di Bertinoro 11 e alcune forme, fatte rientrare nella cultura del vaso campaniforme da Aspes-Fasani, provenienti dalla stazione de La Vela di Trento 12. -Scodella carenata con spalla svasata, carena arrotondata, su cui è impostata una piccola bugna sferoidale, fondo convesso e piccola base piana. Impasto abbastanza depurato, superficie lisciata, nerastra (fig. 4, 5). - Scodellone carenato con bassa spalla svasata, carena arrotondata, su cui è impostata una minuscola ansa Cubiforme, fondo alto a tronco di cono e piccola base piana. Impasto abbastanza depurato, superficie lisciata, nerastra (fig. 4, 4). Le due forme sopra presentate sono entrambe del medesimo impasto, ma di difficile attribuzione culturale e cronologica; non si sono trovati confronti diretti, ma, si ritiene, si possa vedere in esse un collegamento, se pure lato, col vasellame eneolitico, di tradizione sublagozziana, diffuso nell'Italia meridionale e in Sicilia 13; va sottolineato che i nostri due esemplari si diversificano dagli esempi proposti per l'inclinazione della spalla, che è leggermente svasata. - Ciotola carenata con spalla troncoconica, decorata da fitti punti incisi, riempiti di sostanza biancastra, carena alta e arrotondata, accenno di fondo obliquo. Impasto depurato, superficie lisciata, nerastra (fig. 6, 5). - Ciotola carenata c. s. Impasto c. s. (fig. 1, 5). - Ciotola carenata c. s. Impasto c. s. In questa ciotola la decorazione a punti incisi, riempiti di sostanza biancastra, si distende a fasce orizzontali sulla spalla e verticali sul fondo (fig. 1, 7). - Ciotola carenata con spalla troncoconica, decorata a punti incisi, senza incrostrazione di sostanza biancastra, carena alta e arrotondata, fondo obliquo. Impasto abbastanza depurato, superficie lisciata, brunastra (fig. 6, 6) 14. - Fr. di ciotola carenata con porzione di spalla troncoconica, che presenta una decorazione metopale di fitti punti incisi, senza incrostazione di sostanza biancastra, carena arrotondata, porzione di fondo obliquo. Impasto poco depurato, superficie lisciata, brunastra (fig. 1, 8). - Ansa a largo nastro, con anello piuttosto stretto, che si doveva impostare su corpo di forma indeterminabile; sul nastro è presente una decorazione a file quasi parallele di punti incisi, senza incrostazione. Impasto abbastanza depurato, superficie lisciata, nerastra (fig. 1, 3) 15 Queste sopra descritte sono le manifestazioni attribuibili alla cultura delle Conelle 16, enucleabili dal complesso del materiale della Tanaccia, certamente sufficienti a far includere l'area adriatico-marchigiana tra quelle apportatrici di influssi culturali e stilistici nella grotta in questione. Si hanno inoltre alla Tanaccia esempi di vasi cilindrici, decorati da cordoni a tacche di polpastrello, sistemati intorno all'orlo (fig. 6, 1) edanche sul corpo (fig. 6, 2), di impasto grossolano e la cui superficie presenta delle striature, lasciate dall'uso della spatola. Essi si possono confrontare con quelli rinvenuti nei livelli eneolitici della stazione di Sant'Ilario d'Enza nel Reggiano 17 ; in Liguria, alle Arene Candide, i confronti si colgono con una serie di frammenti provenienti dallo strato 3, attribuito all'Eneolitico 18; sono stati inoltre considerati propri dell'Eneolitico toscano19 e genericamente attribuiti all'Eneolitico o alla prima età del Bronzo 20. Ad Asciano, La Romita, un frammento simile è stato rinvenuto nel livello 10, datato col C14 a 4248+-114 da oggi 21. A Rocca di Roffeno, alla struttura 2, un frammento di questo genere ha indotto l'Autrice ad interpretare, nel complesso dell'insediamento, una cronologia preliminare 22. Confronti derivano anche dal recente scavo di Campo Pianelli (Bismantova), dove: «alcuni addensamenti lentiformi hanno restituito materiali ceramici, fra cui, appunto, impasti grossolani con decorazioni a cordoni e frammenti di vasi campaniformi. Le condizioni di rinvenimento... permettono di ipotizzare la successiva demolizione di uno strato eneolitico » 23. Una tale associazione poteva probabilmente riscontrarsi anche alla Tanaccia, dove però non è suffragata da alcun dato di scavo; può essere tuttavia proposta come ipotesi di lavoro. - Fr. parietale appartenente, probabilmente, a tazza che presenta una decorazione, ottenuta a pettine, formante un motivo a triangoli coi vertici contrapposti, ma non frontali e riempiti da un tratteggio obliquo. Impasto abbastanza depurato, superficie lisciata, nera (fig. 2, 1). - Fr. parietale pertinente al fondo di tazza, che presenta nella parte superiore una decorazione, ottenuta con pettine, costituita da una linea orizzontale e, sopra, da una serie di tratti obliqui, delimitati, sotto, da una linea, formanti un motivo non definibile, probabilmente a triangoli. Impasto depurato, superficie lisciata e lucidata, brunastra (fig. 2, 3). I due frr., sopra descritti, sono stati presentati dal Peroni 24 e, successivamente, dal Barfield 25 come appartenenti ad una medesima forma che, secondo gli autori, sarebbe quella di tazza a corpo globoso. Un attento esame del tipo, della cottura, del colore dell'impasto e della resa della superficie induce, invece, a non considerarli appartenenti allo stesso vaso. Tuttavia è solo in questi due frr. che si riconoscono le più strette dipendenze dalla cultura del vaso campaniforme: lo strumento usato per ottenere la decorazione, il pettine, e la tendenza ad occupare la parte più espansa del corpo con una decorazione a metope, campite a triangoli, riempiti da tratti obliqui ed alternati a spazi lasciati liberi. La forma globulare, ma piuttosto schiacciata, come è dato supporre dal poco che ci è giunto, così diversa dai tipi paneuropei, inducono a considerare la presenza del vaso campaniforme alla Tanaccia espressione dello spiccato ed originale gusto locale, come già riconosciuto dal Barfield 26. Non si può concordare con lui quando insiste nell'includere nella cultura del vaso campaniforme tazze che, per la forma, sono riconducibili piuttosto a quelle della cultura di Polada e, per tecnica di decorazione, mostrano l'uso di uno strumento diverso, anche se, quanto al gusto decorativo, trovano matrice comune nella cultura del vaso campaniforme. A questo riguardo, il fatto che lo scavo della Tanaccia non sia stato condotto in modo da restituire dati utili circa la posizione di questi esemplari campaniformi e di quelli che, si ritiene, siano piuttosto da vedere come di derivazione da esso, rispetto a quelli inequivocabilmente appartenenti alla cultura di Polada, non può che suscitare grande rammarico ed indurre ad evitare conclusioni definitive. Tornando ai frr. sopra descritti, i confronti più stringenti, per tecnica e decorazione, si colgono con un frammento, forse di olletta, proveniente dall'insediamento di Diegaro di Cesena ed oggetto di recupero da parte di Veggiani 27 (fig. 3, 4). La decorazione a pettine, formante un motivo di triangoli, si ritrova anche su alcuni bicchieri della cultura del vaso campaniforme, provenienti dal Nord della Sardegna. Essi propongono, sotto l'orlo, una serie affiancata di triangoli col vertice in basso, riempiti da punti impressi a pettine, ripresa da un motivo di limitata diffusione, soprattutto nel campaniforme dei territori occidentali dell'Europa. Anche in ambito sardo, riguardo alle forme, continua il rispetto per la tradizione culturale dell'orizzonte campaniforme, ma modificato e arricchito dal gusto locale 28. Un altro esempio è proposto da un frammento della Grotta des Serrasins (Isère), proveniente dallo strato 7, chiaramente sottoposto a quello con materiali del Bronzo antico, datati col C14 3900+120 da oggi; tale frammento è pertinente all'orlo di un bicchiere che presenta una fila di triangoli pendenti, posta come ultima zona di decorazione 29. Il motivo della decorazione a triangoli compare ancora su di una olletta, proveniente dal livello inferiore, attribuito al Bronzo antico, dell'insediamento di S. Agnese di Borgo Panigale 30; qui, però, la tecnica usata è quella della impressione di piccoli segmentini. E' la stessa che possiamo notare su di una tazza monoansata con labbro diritto e smussato, corpo globulare schiacciato, fondo tondeggiante; tracce di attacchi dell'ansa, impostala sotto l'orlo. Sulla parte più espansa del corpo risulta decorata a metope, entro cui si combinano triangoli e rettangoli, alcuni riempiti a tratteggio obliquo, altri lasciati liberi. Impasto depurato, superficie lisciata, nerastra (fig. 4, 6). Il gusto della decorazione a metope è riproposto da alcuni frr. di impasto depurato e superficie lucidata, color camoscio scuro, dai quali si può ricavare una forma di tazza analoga alla precedente (fig. 2,4). Anche qui, nella parte espansa del corpo, sono combinati rombi e trapezi, alcuni riempiti a tratteggio obliquo, altri lasciati vuoti, aia diverso è lo strumento usato che, a quanto si può supporre, dovette essere un arnese incidente, atto a tracciare piccole linee sulla superficie già piuttosto indurita. La forma della tazza precedente viene fornita pure dalla ricostruzione che si può ottenere da altri due frammenti. Essa presenta, nella parte più espansa del corpo, una decorazione, ottenuta mediante incisione con una punta, che forma al centro un motivo a greca, costituito da fasci di linee incrociartisi a spina di pesce, delimitato, sopra e sotto, da un bordo formato da segmenti obliqui, contenuti tra due linee orizzontali; nella parte superiore, sotto il bordo, si nota una fila di incisioni triangolari a denti di lupo. Impasto depurato, superficie lisciata, brunastra (fig. 2, 6). - Tazza di forma analoga alla precedente, che presenta, sulla superficie ben cotta, una decorazione « tagliata », formante elementi angolari campiti a tratteggio obliquo, quasi a meandro interrotto, al centro del corpo, e delimitati, sopra e sotto, da un bordo, pure a tratteggio obliquo. Impasto depurato, superficie lisciata, nera (fig. 2,5). - Tazza di forma c. s., con decorazione « tagliata » a linee che suddividono la parte espansa del corpo in riquadri, delimitati da excisioni a forma di piccoli triangoli o chicchi di grano. Si notano gli attacchi dell'ansa poco sotto l'orlo. Impasto depurato, superficie lisciata e leggermente lucidata, grigiastra (fig. 2. 2). Sono inoltre da ricordare, tra il materiale che presenta delle decorazioni, due piccoli frr., da cui non sono ricavabili le rispettive forme, entrambi di impasto depurato, superficie lisciata, nera: - fr. parietale a profilo leggermente arcuato, su cui la decorazione è costituita da file orizzontali di piccole excisioni di forma vagamente triangolare (fig. 1, 6); - fr. parietale c. s., decorato a fasce di piccoli quadrati excisi ad andamento leggermente arcuato (fig. 1, 4). Il gruppo delle tazze si chiude con alcuni esemplari inornati: -Tazza monoansata con corpo a sacco, labbro smussato e leggermente svasato, fondo tondeggiante, ansa a gomito impostata poco sotto l'orlo. Impasto depurato, superficie lisciata e lucidata, nerastra (fig. 4, 7). - Tazza c. s. Impasto poco depurato, superficie lisciata, grigiorosata (fig. 4, 8). Entrambe si confrontano con un esemplare proveniente dalla palafitta dei Lagazzi 31 - Tazza biansata (?) a corpo emisferico con piccola base piana, spalla poco accentuata, breve collo cilindrico. Nel punto di massima espansione del corpo si notano gli attacchi dell'ansa. Impasto depurato, superficie lucidata, nera (fig. 4, 10). Confronti, però piuttosto lati, possono istituirsi con una tazza proveniente dalla tomba di Sgurgola, attribuita al periodo eneolitico 32 e, con un esemplare proveniente dalla grotta dello Scoglietto (GR) 33, attribuito dal Peroni alla facies Montemerano-Scoglietto-Palidoro, da lui considerata ben distinta e, per molti aspetti, successiva a Rinaldone 2 34. - Tazzina a pareti diritte e base piana; traccia di attacco dell'ansa. Impasto poco depurato, superficie lisciata, bruno-rossastra (fig. 4, 9). Una classe ceramica ben documentata alla Tanaccia da singoli tipi, giuntici per lo più integri, è quella dei boccali: - Boccale carenato con bocca piuttosto stretta e orlo svasato, corpo espanso in corrispondenza della carena, che risulta decorata da sei bugne, fondo tondeggiante, ansa pizzuta impostata subito sotto l'orlo. Impasto depurato, superficie lucidata, nero-rossastra tendente al marroncino-rossastro sul fondo (fig. 4, 11). Confronti: Barche di Solferino, Lago Lucone, Lavagnone, Polada, Asciano. - Boccale non carenato di forma troncoconica tendente all'askoide, parete, rastremata e bocca piuttosto stretta, orlo diritto, corpo globulare schiacciato non distinto dalla parete, fondo tondeggiante, ansa a gomito, impostata. sotto l'orlo. Impasto poco depurato, superficie lisciata, rossastra (fig. 4, 18). Confronti: Polada; Arquà; Barche di Solferino; Cataragna; Montesei 35 - Boccale c. s., ma con parete meno rastremata, ansa a gomito, impostata sotto l'orlo, con appendice a lingua. Impasto poco depurato, superficie lisciata, brunastra (fig. 4, 15). Confronti: c.s. 36. - Boccale a corpo globoso, orlo diritto, fondo tondeggiante, ansa pizzuta, impostata sotto l'orlo. Impasto depurato, superficie lucidata, grigiastra (fig. 4, 12). Confronti: Bosisio; Lagozza; Ledro; Polada. - Boccale a corpo globulare schiacciato con diametro massimo molto, in basso, orlo rientrante, fondo tondeggiante, ansa ad orecchietta, impostata al di sotto dell'orlo. Impasto poco depurato, superficie lisciata, brunastra (fig. 4, 13). Confronti: Barche di Solferino; Lavagnone; Villa Cappella. - Boccale a corpo globoso, orlo introflesso, base piana, ansa a gomito, impostata poco sotto l'orlo. Impasto poco depurato, superficie lisciata, brunastra con sfumature rossastre (fig. 6, 4). - Boccale a corpo ovoide, orlo leggermente rientrante, base piana, ansa ad orecchietta, impostata subito sotto l'orlo. Un cordone orizzontale, liscio si diparte per alcuni cm. ai lati dell'attacco superiore dell'ansa. Impasto poco depurato, superficie lisciata, color giallo-nocciola (fig. 4, 16). Confronti: Bande di Cavriana; Barche di Solferino; Bosisio; Colombo di Mori; Gorzano; Pacengo. - Boccale a forma di sacco, orlo diritto, fondo tondeggiante, ansa a gomito, impostata subito sotto l'orlo. Impasto poco depurato, superficie lisciata, brunastra (fig. 4, 14) 37. Confronti: Arquà; Cataragna; Lago Lucone; Lagozzetta; Pacengo; Riva Piana. - Boccale a corpo di forma pressocché troncoconica, orlo leggermente rientrante, base piana, ansa a gomito, impostata poco sotto l'orlo. Impasto grossolano, superficie lisciata, brunastra (fig. 4, 17). Confronti: Bosisio; Asciano; Bande di Cavriana; Lago Lucone; Riva; Riva Piana; Polada. - Boccale a corpo leggermente espanso, orlo diritto, sotto il quale si nota uno stretto, ma marcato cordone orizzontale, su cui è impostata un'ansa ad anello, leggermente insellata al centro. Impasto poco depurato, superficie lisciata, grigiastra (fig. 16, 8). - Boccale di forma c. s. Poco sotto l'orlo è impostata un'ansa a nastro, presso il cui attacco superiore destro si nota traccia di stretto cordone, pressocché orizzontale. Impasto poco depurato, superficie lisciata, bruno-rossastra (fig. 6, 9). Altra classe presente fra il materiale del Bronzo antico della Tanaccia è quella delle scodelle, che comprende: Piccola scodella di forma troncoconica, orlo diritto, pareti fortemente rastremate verso il fondo, che è a tacco con base concava. Impasto poco depurato, superficie lisciata, marroncino-rossastra (fig.5, 2) 38 - Scodella di forma troncoconica, orlo diritto, pareti fortemente rastremate verso il fondo, base piana. Impasto poco depurato, superficie lisciata, grigio-rossastra (fig, 5, 1). Confronti: Corano, tomba del 1914; Corano, tombe diverse; Ponte S. Pietro, tomba della Vedovella. - Scodella c. s. Si nota, presso l'orlo, una presa a bugnetta troncata. Impasto poco depurato, superficie lisciata, nerastra (fig. 4, 19). Confronti: c. s. - Scodella di forma troncoconica, pareti leggermente svasate, orlo diritto e arrotondato, base piana. Poco sotto l'orlo sono impostate quattro presette a linguetta (originariamente, però, dovevano essere in numero di cinque). Impasto poco depurato, superficie lisciata, rossastra (fig. 5, 4). Confronti: dalla torbiera di Cataragna 39; Ledro 40. - Scodella bassissima, brevi pareti diritte, orlo diritto e arrotondato, fondo notevolmente a tacco, base non perfettamente piana. Impasto poco depurato, superficie lisciata, brunastra (fig. 7, 2). Ancora tra il contesto fittile della Tanaccia: - Vasetto di forma cilindrica, orlo diritto, base piana; senza ansa. Impasto poco depurato, superficie lisciata, grigio-rossasta 5, 3). Si ritiene possano essere attribuite cronologicamente all'età del Bronzo antico: - Olletta a profilo leggermente espanso, orlo smussato e svasato. Sul corpo è impostata una piccola ansa orizzontale ad anello. Impasto poco depurato, superficie lisciata, grigiastra (fig. 6, 7). Confronti piuttosto lati, per la forma, si possono istituire coli una alletta proveniente dalla fonte sacra dalla Panighina 41una presa a linguetta insellata al centro, con foro pervio al di sopra di essa, nella parete. Impasto poco depurato, superficie lisciata, beigegrigiastra (fig. 6, 10). - Fr. parietale di orcio o brocca carenata, che presenta, sulla parte verso il fondo, una decorazione costituita da grossi punti incisi, disposti a bande. Impasto poco depurato, superficie lisciata, nerastra (fig. 6, 3). Confronti sono istituibili con le brocche della Panighina, per il profilo biconico e per il tipo di decorazione; il nostro fr., tuttavia, non permette di ricostruire una forma riconducibile a quelle note della Panighina. - Anfora a corpo globoso, collo distinto, leggermente concavo, orlo svasato; nel punto di attacco del collo sul corpo si nota una solcaturina orizzontale, concentrica. Impasto depurato, superficie lucidata, nera (fig. 7, 1). Pochi sono i fondi osservabili, oltre quelli presi in considerazione nella descrizione delle forme sopra presentate: - Fondo quasi piano, appartenente a vaso troncoconico; intorno alla base si notano delle irregolari impressioni di polpastrello. Impasto grossolano, superficie scabra, rossastra (fig. 7, 4). - Fondo piano a tacco, appartenente a vaso troncoconico. Impasto grossolano, superficie scabra, brunastra (fig. 7, 5). - Fondo di scodellone con base leggermente concava, pareti notevolmente espanse. Sul corpo è impostata una presa di forma rettangolare, con angoli smussati, leggermente rivolta verso il basso. Impasto poco depurato, superficie lisciata, bruno-rossastra (fig. 7, 3). Le anse, attribuibili al Bronzo antico, si caratterizzano per la forma a gomito, con le varianti che si vengono evidenziando nella seguente breve rassegna: a gomito semplice, impostato orizzontalmente (fig. 8; 1-3); a gomito orizzontale, ma con propaggine, più o meno accentuata, tendente ad allungarla verso l'alto (fig. 8; 4-7); a gomito impostato obliquamente sul corpo (fig. 7; 8-10). Sono generalmente di impasto poco depurato e si impostavano tutte sul corpo del recipiente a cui appartenevano. L'ansa a gomito, probabilmente originaria da culture tardo-neolitiche, si incontra già nell'ambito della cultura , di Remedello 42, ma, come hanno affermato Aspes-Fasani, trova, nell'orizzonte di Polada, il suo massimo sviluppo, tanto da diventare un elemento che, per certi aspetti, può essere considerato caratteristico 43. Essa serve pertanto a datare complessi del Bronzo antico: lo strato inferiore dell'insediamento di S. Agnese di Borgo Panigale 44, gli strati inferiori della Grotta del Farneto 45, i livelli 7 e 8 della Romita di Asciano 46, le tombe di Cellino San Marco 47 e di San Vito dei Normanni 48 e di Pontecagnano 49, le grotte del Fico e di Pippola in Puglia 50. L'ansa pizzuta documentata alla Tanaccia a fig. 4,11-12 trova riscontro tra le forme delle anse presenti nella Grotta del Farneto 51 . Come si è detto precedentemente, per il materiale di età più recente è possibile una suddivisione per classi, come di seguito è indicato. Ciotole carenate Le ciotole carenate sono le più numerose. Estremamente varia è la loro tipologia, ma difficilmente, dal loro esame, si possono ricavare delle precise differenze cronologiche; solo per alcune di esse si possono indicare l'area di diffusione e la posizione cronologica. Fig. 9; 3-5, 10, 11, esempi di ciotola carenata con spalla leggermente concava, carena arrotondata e ventre convesso, piuttosto schiacciato. Tale forma è presente a Villa Cassarini 52, al Farneto 53, a Toscanella 54, ,al Gallo di Castel S. Pietro 55, alla Bertarina 56, a Frasassi 57, alla Grotta a Male 58, alla Grotta del Mezzogiorno 59; la sua cronologia si pone nell'età del Bronzo recente con persistenze anche dopo. Per tale assegnazione cronologica si fa riferimento allo studio del Peroni, in cui nonostante l'estrema schematizzazione del disegno, si è potuta riconoscere tale forma 60. Fig. 9; 1, 2, esempi di ciotola carenata con spalla concava, carena alta e arrotondata, ventre notevolmente convesso. Questa forma si ritrova ben rappresentata a Borgo Panigale 61, al Farneto 62, al Gallo di Castel S. Pietro 63, a Rocca di Roffeno 64, dimostrando perciò una diffusione quasi esclusiva nel Bolognese; la sua cronologia si pone nel Bronzo recente, tuttavia la sua diffusione nel Bronzo finale è considerata molto ampia, se si seguono le indicazioni suggerite dal Peroni 65 . Fig. 9, 7, 8, esempi di ciotola carenata con orlo notevolmente svasato, spalla concava, carena alta e piuttosto marcata, ventre troncoconico con probabile fondo piano. E' questa una forma di fase subappenninica, i cui confronti si colgono, in particolare, alla Grotta Carbone e a Sassoferrato 66 e, più generalmente, nell'Ersilia orientale e nelle Marche; pure essa è documentata nel lavoro dei Peroni 67. Altri tipi presenti alla Tanaccia sono purtroppo mal identificabili nella loro forma complessiva, essendo giunti a noi frammenti troppo piccoli; si tratta, in genere, di ciotole di dimensioni non troppo grandi, con spalla o leggermente concava, o diritta, o troncoconica, carena quasi generalmente arrotondata, ventre convesso, più o meno schiacciato, o troncoconico (figg. 9, 10). Un singolo esempio è rappresentato da un frammento di piccola ciotola carenata, di cui è impossibile ricostruire il diametro, che presenta ventre convesso schiacciato, carena arrotondata, appena accennata, spalla pressocché rettilinea, decorata irregolarmente da punti incisi. Questa decorazione porterebbe a datarla all'età del Ferro (fig. 10, 2). Si hanno poi due esempi di ciotole che, impropriamente, si assegnerebbero al tipo delle carenate; infatti in esse la carena è avvertibile solo scorrendone il profilo col tatto; al ventre, notevolmente convesso, è unita la spalla, anch'essa leggermente convessa (fig. 10, 9, 10). In esse, secondo me, sono da vedere forme appartenenti alla fine del Bronzo recente e al Bronzo finale, in base a quanto si può osservare e dedurre dalle forme presentate dal Peroni 68. Ciotole a corpo arrotondalo Fig. 10, 11, ciotola a corpo arrotondato, confrontabile a Frasassi 69, alla Grotta del Carbone 70, a Borgo Panigale 71, riportabile cronologicamente all'orizzonte subappenninico e protovilIanoviano, come propone il Peroni 72. Fig. 11, 1, altro esempio di ciotola, confrontabile alla Grotta dei Baffoni 73, a Filottrano 74, a Borgo Panigale 75, al Monte Castellaccio 76, per forma appartenente già ad un momento del Bronzo finale, secondo quanto il Peroni è giunto a distinguere col suo criterio discriminante basato sulle associazioni 77. Fig. 10, 12, 13, ciotole a corpo arrotondato con leggera gola sotto l'orlo svasato, ma con la caratteristica di una carena all'interno. La posizione cronologica precisa è, per esse, più difficilmente accertabile. Scodelle e scodelloni Scarsamente documentati sono le scodelle e gli scodelloni, tra cui si distinguono: scodellone a profilo obliquo o leggermente convesso, con orlo diritto o leggermente introflesso (fig. 11, 5) e scodelle; sempre a profilo obliquo o leggermente convesso, ma con orlo piatto e leggermente inclinato, più o meno ingrossato all'interno (fig. 11, 2-4). Uno dei due esempi di scodelloni provenienti dalla Tanaccia presenta: corpo leggermente arrotondato, quasi troncoconico, orlo ingrossato e leggermente svasato, su cui è impostata un'ansa verticale ad anello coi margini rilevati e che si innesta, sotto, su di un cordone orizzontale, liscio, appena accennato (fig. 11, 6). Si confronta con un esemplare proveniente dal Gallo di Castel S. Pietro 78, dove viene considerato, con riferimento al Peroni, come una forma tipica della fase subappenninica, in un momento forse piuttosto iniziale 79. L'altro è, invece, uno scodellone carenato con spalla troncoconica, orlo ingrossato e leggermente svasato, carena a media altezza, arrotondata, ventre leggermente convesso, piccola base piana. Sulla spalla è presente una decorazione incisa, formata da tre solcature orizzontali parallele, delimitate, sopra e sotto, da un motivo, sempre orizzontale, a zig-zag. L'impasto è piuttosto fine, la superficie, di color camoscio, è lucidissima (fig. 17, 2). Per questo reperto non si sono trovati confronti. Piatti Si hanno alla Tanaccia due esempi di piatti: il primo presenta un fondo leggermente concavo e a tacco, corpo pittosto basso e di forma troncoconica, orlo arrotondato (fig. 18, 1); il secondo, di forma complessiva bassissima e cilindrica, ha orlo diritto e arrotondato, fondo leggermente concavo e a tacco (fig. 18, 2). Per essi, una stretta analogia si coglie con alcuni esempi di piatti, molto simili anche per impasto, che derivano dalla Grotta del Farlieto 80. Olle Le olle rappresentano indubbiamente la classe più ampia per documentazione e varietà di tipi. Vi sono alla Tanaccia olle cilindriche, spesso con orlo ingrossato all'esterno, decorate, sull'orlo o poco sotto, da uno o più cordoni orizzontali, lisci (fig. 12, 1-6). Fig. 12, 7, il frammento reca un cordone orizzontale, liscio, sotto l'orlo, che risulta a smerli. Fig. 12, 8, il Frammento presenta, su cordone orizzontale, una presa rettangolare. Fig. 12, 9, il frammento presenta una presa ovaleggiante su cordone orizzontale e liscio. Fig. 12, 10, il frammento ha un a presenta triangolare, impostata verticalmente sull'orlo. Fig. 12, 11, il frammento presenta, poco sotto l'orlo, delle tacche impresse di polpastrello. Vi sono poi olle subcilindriche, con pareti leggermente convesse, decorate anch'esse da uno o più cordoni orizzontali, per lo più lisci (fig. 13, 1-3), oppure da cordoni decorati a tacche di polpastrello (figg. 12, 12; 13, 4, 10). Fig. 13, 8, il frammento mostra una presa di forma tondeggiante. Fig. 13, 15, il frammento presenta, quasi sull'orlo, uno stretto ma marcato cordone orizzontale, recante degli intagli irregolari in senso verticale. Ben rappresentate sono le olle di media dimensione con corpo svasato e orlo ingrossato da cordoni variamente decorati a tacche (figg. 13, 7, 9, 11-15, 17; 14, 2, 3, 6). Sono pure da ricordare alcune olle con corpo a botte, decorate da cordoni orizzontali, plastici, recanti tacche di polpastrello o cordoni orizzontali, lisci (figg. 13, 1-5; 14, 1); in particolare, a fig. 13, 6, si ha un frammento in cui, sul cordone inferiore, è impostata una presa rettangolare a margini smussati, insellata al centro. Discretamente rappresentate sono le olle ovoidali globose: è presente il tipo con orlo diritto, sotto il quale si notano due cordoni lisci, paralleli, con andamento pressocché orizzontale (fig. 15, 2). Vi è, inoltre, il tipo con orlo più o meno estroflesso, che presenta sulla gola, uno (fig. 15, 1) o due cordoni orizzontali, lisci (fig. 15, 3-5); presente pure il tipo di piccole dimensioni con orlo introflesso (fig. 14, 4, 7, 9, 11, 13). Da ricordare un frammento di impasto piuttosto depurato, nerastro, appartenente a grossa olla con corpo espanso e orlo piatto, ingrossato all'esterno; essa presenta sul corpo una decorazione costituita da un cordone orizzontale, liscio, a sezione triangolare, da cui si dipartono due cordoni lisci, paralleli, a sezione rettangolare, in senso verticale, con andamento curvilineo (fig. 16, 5). I confronti per questa olla, limitati all'area emiliana, si hanno coi frammenti rinvenuti nello strato VIII di Cavazzoli 81, attribuito dal De Marinis al Tardo Appenninico e con frammento da Rocca di Roffeno 82. Appartiene all'età del Ferro, non meglio definibile, un'olla d'impasto depurato, rossastro, con superficie lucidata, recante tracce della lavorazione fatta col tornio, di forma ovoide, il cui punto di massima espansione si trova poco sotto l'orlo, che ha una forte rientranza, il corpo è notevolmente rastremato verso la base, che è piccola e piana (fig. 17, 1). Alcuni vasi, la cui forma si ricava da frammenti che presentano orlo ingrossato, più o meno aggettante all'esterno e corpo espanso, decorato a volte da cordoni (fig. 16, 1, 2. 4), possono essere considerati l'anello di congiunzione, dal punto di vista dimensionale, tra le olle e i dolii, intendendo come tali quelli che si avvicinano al tipo giara. A questi è da aggiungere un frammento di vaso di forma biconica, che presenta alcune bozze, appena accennate, sul punto di massima espansione (fig. 16, 3). Associabili alla classe delle olle, ma costituenti un gruppo con propria fisionomia, sono alcuni frammenti che, purtroppo, per la loro esiguità, non consentono la individuazione della forma complessiva. Essi presentano: bocca piuttosto stretta, orlo diritto, presenza più o meno marcata di collo, corpo piuttosto espanso, tendente al globoso (fig. 14, 8,10); per un frammento la forma biconicheggiante è chiaramente visibile (fig. 1-1, 12), per gli altri è, in linea di massima, supponibile. Fig.- 14, 14: collo ben accentuato, di forma concava, orlo notevolmente svasato, corpo piuttosto espanso caratterizzano un'olla di dimensioni piuttosto notevoli, Lasciando da parte l'ultimo esempio proposto, che è piuttosto particolare, gli altri si possono ricollegare ai recipienti derivanti dalla Grotta del Farneto, dove però, in genere, sono decorati 83; inoltre altri confronti sembrano istituibili con alcune olle provenienti da Val de' Varri 84, un grottone presso Carsoli, il cui materiale ceramico è considerato di tipo Appenninico tardo 85. Dolii Un buon numero di frammenti di fondo e di parete, di impasto estremamente grossolano, tendente a sbriciolarsi, di colore rossastro e con superficie scabra, sono attribuibili a dolii di forma, in genere, presumibilmente troncoconica e di notevoli dimensioni. Infatti si suppone che essi abbiano un diametro di almeno 60 cm.; non si sono disegnati per le difficoltà derivanti dal tipo di impasto e dalle dimensioni. L'enorme e comune diffusione di questo genere di dolii per un periodo molto lungo, dalla fine del Bronzo medio fin'anche all'età del Ferro, consiglia di non proporre datazioni specifiche. Anse e prese Per quanto riguarda le anse, oltre agli esemplari già descritti nell'analisi tipologica dei vasi, poche restano ancora da presentare. Alla Tanaccia sono presenti: l'ansa orizzontale a maniglia semicircolare; le anse verticali: ad anello, impostata su due cordoni (fig. 18, 4), a bastoncello, in alcune varietà (fig. 18, 6-9), a gomito (fig. 19, 3), a nastro (fig. 19, 1), canaliculata, con margini concavi (fig. 18, 10, 11). E' presente pure un frammento di parte superiore di ansa cilindro-retta (fig. 18, 12), il che dimostra che, se pure alquanto sporadico, anche alla Tanaccia, non era sconosciuto il tipo di ansa con appendice sopraelevata. Complessivamente, comunque, il numero delle anse è molto limitato, per cui si può supporre che la maggior parte dei vasi fosse priva di veri e propri manici. Più ampia è, invece, la rassegna delle prese, per la presenza di diversi tipi; tra esse le più numerose sono quelle a linguetta triangolare, impostata orizzontalmente (fig. 19, 2, 5); ugualmente ben documentate sono quelle con l'estremità più o meno rivolta verso l'alto; si hanno pure esempi di presa insellata, sempre rivolta verso l'alto (fig. 19, 6, 7). Sono presenti le prese a lingua rettangolare, impostate orizzontalmente oppure inclinate leggermente, la maggior parte delle quali presenta angoli smussati (fig. 19, 4, 8). Prese di forma più grossolana si possono considerare quelle a figg. 19, 9; 20, 4, 5, che dimostrano come l'esigenza di fornire i recipienti di una appendice prensile spingesse i vasai ad impostare, sul corpo dei vasi, appigli dalla forma più varia se, come per gli esempi proposti, di forma si può parlare. E' inoltre presente un gruppo di prese a bottone: bombato (fig. 20, 2, 3), appiattito (figg. 20, 9; 21, 1-2); in particolare la presa a fig. 20, 6, risulta molto accentuata, con strozzatura mediana, desinente a forma di bottone ovale. In alcuni casi tali prese, di forma tondeggiante o a piastra, sembrano usate come motivo decorativo, dal momento che sono impostate nel punto terminale di cordoni lisci, ad andamento pressocché orizzontale (fig. 20, 7), o come punto di incontro di più cordoni (fig. 20, 8). Sono inoltre da ricordare: il frammento a fig. 21, 6, recante due presette verticali, parallele, appena marcate; il frammento a fig. 21, 5, che presenta due gibbosità sferoidali, allineate in senso orizzontale; il frammento a fig. 21, 4, in cui la presa è costituita da due connetti alquanto prominenti, di cui uno risulta spezzato. Per praticità si aggiunge a questo materiale l'unico esemplare di bozza semplice tondeggiante restituito dagli scavi (fig. 21, 3). In generale, ai tipi di anse e di prese, documentate alla Tanaccia, si può attribuire un ampio excursus cronologico. Inoltre, come facilmente si comprende, se un po' da tutti gli insediamenti dell'area emiliano-romagnola, ascrivibili cronologicamente all'età del Bronzo e presentanti, per 1o più, anch'essi impossibilità di riconoscimento di distinzioni cronologiche più precise, derivano, per i materiali sopra presentati, immediati confronti, essi sono altresì istituibili su scala geografica molto più ampia. Frammenti di pareti con decorazioni Oltre alle decorazioni già osservate sul corpo di olle e di dolii, sono da ricordare quelle presenti su alcuni frammenti parietali, anch'essi, con una certa attendibilità, attribuibili ad olle. Le decorazioni plastiche più comuni sono costituite (la: cordoni orizzontali, lisci, a spigolo vivo, o più o meno arrotondato; da cordoni orizzontali, decorati ad impressioni di polpastrello (6g. 21, 7, 8, 10, 13). Altre decorazioni sono costituite da: cordoni orizzontali, ricavati sulla superficie del vaso, segmentati, ad intagli (fig. 21, 12); cordone formante un alto bordo, con impressioni di forma allungata (fig. 21, 11); cordone disposto a festone, con impressioni di polpastrello piuttosto informi e poco marcate (fig. 21, 9, 14, 15). Su di un frammento di olla globosa, circa il punto di massima espansione, si può osservare una decorazione costituita da una serie di segmentini orizzontali, incisi, disposti su più file (fig. 21, 16). Frammenti cribrati Presenti in numero esiguo e pertinenti a recipienti di forma diversa, non identificabile, i frammenti cribrati risultano di difficile inquadramento cronologico, in quanto, come si sa, costituiscono un genere diffuso per tutta l'età del Bronzo e anche dopo. Per essi, quindi, si può proporre una datazione comprensiva di un periodo piuttosto lato, dall'età del Bronzo medio a quella del Bronzo finale (fig. 18, 3, 5). Fondi e piedi I fondi, per lo più pertinenti ad olle, sono piatti, a spigolo vivo o leggermente arrotondato (fig. 22, 1-3). Un frammento di impasto fine, nero, la cui esiguità impedisce di definirne l'appartenenza ad una precisa classe tipologica, è umbilicato; probabilmente, quanto alla forma, doveva trattarsi di una tazza; la caratteristica dell'umbilico e il tipo di impasto portano a collocarla cronologicamente nel Bronzo medio (fig. 22, 6). I piedi, con o senza incavo, sono piuttosto bassi e di forma verosimilmente troncoconica (fig. 26, 4, 5). Vasetti in miniatura Dalla
Tanaccia provengono pure due vasetti di dimensioni ridottissime: uno di forma cilindrica (fig. 23, 2), l'altro di forma
« a barchetta» con le estremità forate e base piana (fig. 23, 1);
sono entrambi realizzati in
impasto poco depurato, di colore grigio-rossastro. Un altro collegamento in ambito romagnolo si può istituire col vasetto proveniente dalla fonte sacra della Panighina di Bertinoro (F0)87, che il Pigorini fa rientrare nella categoria dei vasetti votivi di tipo terramaricolo, comparendo, infatti, solo all'impianto delle terremare e per l'esercizio del culto domestico 88. Questi minuscoli vasetti appaiono sporadicamente anche nelle stazioni all'aperto appenniniche, dove, secondo il Puglisi, rispondevano probabilmente alla esigenza di conservare sostanze particolarmente pregiate, ipotizzando, a conferma di tale utilizzazione funzionale, che servissero per conservare il caglio 89. Egli vede pertanto una specie di scorta o di deposito in tal senso nell'aggruppamento proveniente dalla nicchia interna della caverna Pertosa 90 . Pure da Luni, Tre Erici, sono derivati vasetti in miniatura, di forma cilindrica e troncoconica 91, a proposito dei quali, pur provenendo da un abitato, l'Ostenberg esclude funzioni pratiche e ne vede una spiegazione solo sul piano religioso, come doni votivi o per contenere qualche speciale offerta alle divinità cui erano dedicati 92. Questi vasetti sono dall'Ostenberg datati, secondo la sua cronologia, Luni Appenninico I e III, cioè Bronzo medio e Bronzo recente. L'ampio excursus cronologico in cui compaiono questi recipienti è documentato ad es. dal rinvenimento della stipe votiva presso la necropoli di Norba nel Lazio, il cui esame del materiale ha dimostrato che essi toccano, come datazione, il VII sec. a. C.93. Per quelli della Tanaccia, la destinazione più attendibile da considerare dovrebbe essere quella cultuale, per le caratteristiche del sito; resta il problema della loro cronologia, derivante dal fatto che non se ne conosce la posizione stratigrafica, la quale certamente poteva essere di aiuto per una più convinta attribuzione, tuttavia si ritiene che appartengano al periodo più recente della grotta. Materiale problematico Si intendono presentare, sotto questa intestazione, alcuni reperti il cui inqudramento culturale e cronologico risulta problematico, mancando confronti significativi e stringenti: - Fr, parietale a profilo leggermente arcuato, pertinente a forma indeterminabile, non troppo piccola, di impasto marrone-rossastro, che presenta una decorazione, incisa a brevi tratti, verticali ed affiancati, disponentesi a fasci, che costituiscono un motivo decorativo, non ben identificabile. Tale decorazione incisa presenta un riempimento di sostanza bianca che, come sempre, ha la funzione di accentuare, con il contrasto cromatico, il motivo inciso sulla superficie (fig. 24, 5). E' proprio questo particolare che induce a formulare, come il più probabile, un collegamento con la ceramica della cultura di Conene, la cui presenza alla Tanaccia abbiamo già notato con forme più tipiche di tale ambito culturale. - Fr. di ciotola carenata con spalla notevolmente concava, carena piuttosto accentuata a spigolo arrotondato; il ventre, per quello che si può vedere, doveva essere a profilo obliquo. Al centro della spalla si notano tre solcaturine orizzontali e parallele. L'impasto è particolarmente depurato, di colore nero, la superficie risulta lucidissima (fig. 24, 2). E' piuttosto incerto collocare questo tipo di ciotola in base alla forma; d'altra parte per il tipo di impasto, verrebbe subito da pensare al vasellame più fine della cultura della Lagozza, ma l'importante particolarità da sottolineare ritengo debbano essere proprio le solcaturine, che sembrano essere ricavate sulla superficie non ancora ben cotta. Esempi di questa tecnica di graffito a semicottura li ritroviamo alla Grotta del Farneto, dove è documentata da un buon numero di frammenti e considerata come il perdurare di elementi eneolitici nell'età del Bronzo 94 pasto depurato, brunastro, con superficie lucidata; poco sotto l’orlo, svasato, si nota una decorazione a solcature, costituita da quattro cerchielli concentrici (fig. 24, 4). Anche questa decorazione è ottenuta con la tecnica del graffito a semicottura, per cui, come il frammento precedente, sembra ricollegabile alla ceramica del Farneto. - Fr. di impasto abbastanza depurato, grigiastro, che, se pure inconsueto, sembra attribuibile a coperchio di forma a cupoletta schiacciata (fig. 24, 3). La frammentarietà e le scrostature impediscono di definire l'esatto contorno; resta tuttavia la singolarità della forma che, a quanto al momento risulta, non trova confronti. Di conseguenza la difficoltà di inquadramento, anche cronologico, è ben comprensibile. - Beccuccio di forma trapezoidale, che si impostava molto probabilmente sull'orlo del recipiente a cui appartenente e di cui risulta impossibile indicare una forma attendibile. Nella parte verso l'interno, l'imboccatura superiore presenta un labbro ben definito e intatto, quella inferiore, invece, mostra il segno della frattura. L' impasto è poco depurato, nerastro (fig. 24, 1). Il problema che questo beccuccio pone riguarda la forma trapezoidale, che risulta piuttosto insolita e, inoltre, il fatto che, per quanto è dato conoscere, i beccucci sono, per lo più, impostati sul corpo del vaso, mentre, nel caso in questione, tale impostazione è senz'altro da escludere. Un'ipotesi proponibile potrebbe essere quella di considerarlo un ugello per fuoco. Oltre all'olla già descritta, provengono dalla Tanaccia alcuni frammenti che si possono sicuramente attribuire ad una generica età del Ferro; inoltre alcuni piccoli frammenti di impasto arancione, insignificanti in quanto non riconducibili a forme, si qualificano inequivocabilmente come appartenenti all'età romana. Fusaiole Le fusaiole sono complessivamente in numero di ventuno, per lo più integre. Esse sono, per la maggior parte, del tipo a disco con entrambe le facce piane (fig. 25, 1-3, 5,6); alcune presentano un leggero ingrossamento al centro intorno al foro (fig. 25, 4, 5) e, solo un paio, una faccia convessa (fig. 25, 7,10). Hanno il diametro variabile da un massimo di cm. 8 ad un minimo di circa cm. 4 e lo spessore che va da un massimo di cm. 3 ad un minimo di cui. 1. Il resto della fusaiole è costituito da quattro esemplari di forma biconvessa e di diametro non molto ampio (fig. 25, 8, 9, 13) e da due a forma di basso cilindretto pervio e di diametro, invece, piuttosto stretto (fig. 25, 11, 12). Le fusaiole che provengono dalla Tanaccia appartengono a tipologie piuttosto comuni che si ritrovano fin nei livelli dell'Eneolitico e che perdurano fino all'età del Bronzo antico. I confronti ci riportano alle Arene Candide 95, a Filottrano 96, alla Grotta Pertosa 97, alla Romita di Asciano 98, a Luni, Tre Erici99, a Valle Felici (RA)100. La cronologia sopra proposta porta ad escludere una loro utilizzazione pratica ed a proporre, in particolare per le fusaiole di dimensioni minori e per quelle di forma cilindrica e biconvessa, una funzione ornamentale: esse infatti possono essere viste come elementi accessori per la formazione di collane che, come si sa, erano molto diffuse nei depositi funerari. INDUSTRIA LITICA L'industria litica non è particolarmente consistente, ma sufficientemente rappresentativa. E' costituita da due martelli integri (fig. 26, 1, 2), di cui uno è conservato alla Pieve del Tho' presso Brisighella, e da due frammentati in roccia vulcanica verde del tipo « a ferro da stiro » 101 Per il genere di roccia impiegata, essi sono confrontabili con quelli rinvenuti al Persolino 102 e conservati nel Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza. Per la forma, i confronti si hanno con i martelli litici simili trovati, nella provincia di Ravenna, a Casola Valsenio, nel Rio Casola e a Villa Baffadi, nel Sintria presso Zattaglia 103; nel Forlivese, in località imprecisata del comune di Mercato Saraceno 104 nell'insediamento di Capocolle di Bertinoro 105 e a Premilcuore106. Martelli litici provengono anche dalla stazione sul Monte Castellaccio di Imola 107 e pure dal deposito di Conelle, nelle Marche 108. Da quanto si è detto sopra, si può osservare la vasta diffusione del martello litico a forma di «ferro da stiro» nella Romagna e nelle aree immediatamente vicine e, conseguentemente, si può essere indotti a ritenere che tale particolare manufatto abbia potuto avere, nell'area suddetta, il centro di maggiore produzione. Fanno parte del repertorio litico anche un'accetta in pietra verde levigata (fig. 26, 4) ed una perlina di steatite (fig. 26, 3); questi due oggetti possono essere ricollegati ad una destinazione culturale o funeraria, quale si nota in uso fin dal Neolitico medio-superiore 109. L'accetta trova precisi confronti alle Arene Candide, nei livelli del Neolitico superiore 110, a Lipari 111, a Laterza 112. Le perline di steatite erano generalmente elementi che venivano usati per la formazione di collane, insieme a denti, a conchiglie ed a piccoli blocchetti di terracotta; tuttavia il singolo ritrovamento della Tanaccia non può confermare questa usanza, così come non vi è motivo di escluderla. Tra il complesso litico spiccano tre belle cuspidi di freccia, dotate di peduncolo e di alette poco pronunciate, con scheggiatura e ritocchi marginali su entrambe le facce (fig. 26, .5-7). Queste cuspidi si possono ricollegare alla cultura di Remedello, dove, in questa forma, rappresentano gli oggetti più comuni del correrlo funebre. Nell'ambito di Remedello esse si presentano, di solito, con lavoro di scheggiatura eseguito nelle due facce, convesse o alquanto appiattite, e coi margini assottigliati e resi taglienti mediante minutissìni ritocchi, condotti regolarmente sull'una e sull'altra faccia 113. Corrispondenti a quanto detto sopra, le cuspidi della Tanaccia si possono pertanto, senza difficoltà, far rientrare nella sfera culturale di Remedello. Sono presenti inoltre: alcune lame (oliate con tracce di ritocchi marginali (fig. 26, 8-9), altre lamelle su cui generalmente si nota il piano di stacco (figg. 26, 10; 27, 1, 2), raschiatoi (fig. 27, 3-5), nuclei (fig. 26, 6, 7, 9), schegge (fig. 27, 8), e alcuni ciottoli di varia forma (fig. 27, 01-12). Dal momento che, come è stato affermato 114, nel campo della lavorazione della selce, l'età di Polada non pare aver portato innovazioni peculiari, è ovvio che il materiale della Tanaccia, più generalmente, si debba ricondurre ad una tradizione della cultura di Remedello, come è stato riscontrato nelle stazioni del Bronzo antico di Bosisio, dell'Isolino di Varese, di Mercurago, di Lagazzi, della Lagozzetta, di Lago Lucone, di Lavagnone, di Rivola Rocca, di Seniga e di Villa Cappella. In ambito regionale, i confronti sono offerti dalla vicina stazione( di Villa Persolino 115, a Colunga 116 dal Sottoroccia del Farneto 117, dalla stazione modenese del Pescale 118. Per quanto cronologicamente successivi, notevoli analogie sono offerte dal contesto litico del Monte Castellaccio di Imola 119 e da quello della Grotta del Farneto 120 Si segnala inoltre tra questo materiale, ma solo per la materia di cui è composto, in quanto, riguardo la cronologia, benché incerta, lo si deve collocare in tempi decisamente più recenti, un grosso frammento di clorite ferrifera, aggregata in lamelle con diverso orientamento (fig. 28). In origine (ne resta circa la metà), la forma doveva essere vagamente circolare, con foro al centro, da cui partivano, sa due diametri perpendicolari, quattro scanalature che non raggiungevano il bordo esterno. Se le scanalature e in genere la forma potrebbero far pensare ad un attrezzo molitorio, la friabilità dell'aggregato e la scarsa durezza del minerale portano ad escluderlo. Più facilmente questo genere di minerale doveva essere impiegato per recipienti litici, resistenti anche al fuoco, come è dimostrato dalla tradizione che ancora sopravvive nelle vallate alpine, dove tale minerale è maggiormente diffuso 121 Le tracce di esposizione al fuoco del frammento in questione, a mio avviso, se da un lato possono dare spazio a questa ultima ipotesi, sono dall'altro insufficienti per sostenerla, considerando la difficoltà di inquadrare la forma... OGGETTI DI METALLO Il repertorio dei metalli è costituito soltanto da due oggetti, per qualità piuttosto significativi. Il primo manufatto è un'ascia piatta a margini lievemente rialzati, con tallone diritto e taglio leggermente espanso; su di una faccia essa presenta un grosso residuo di metallo (fig. 29, 1). Di questo tipo, a cui il Peroni ha dato il nomo di Remedello 122, altri esemplari provengono da: Remedello (tomba IV); Remedello ripostiglio; Pieve AIbigliola; Cecina; Fucecchia; Sarteano; Siena, loc. ignota della provincia; località ignota della provincia di Firenze o di quella di Pistoia. Sempre secondo il Peroni, per quanto riguarda l’ambito dell'Italia settentrionale, il tipo Remedello è cronologicamente inquadrabile nel più antico dei tre orizzonti in cui sono stati suddivisi i ripostigli dei bronzi dell'antica età del Bronzo in Italia; per quanto riguarda l'inquadramento culturale, l'analisi delle associazioni archeologiche glielo fa ricondurre al gruppo definito Polada 1A. Un confronto al di là delle Alpi si può riscontrare nel tipo Neyruz, così denominato dal Vogt e da lui datato alla fase più antica nel suo compendio riguardante l'organizzazione del Bronzo antico della Svizzera 123. Il Bill, nel suo recente lavoro, fa rientrare questo tipo di ascia tra le lame di Charvien-Chavagneux (Isère) e l'associazione che egli fa coi pugnali del tipo Rhóne lo porta a datarlo, secondo la sua suddivisione in fasi dell'età del Bronzo antico, di cui tuttavia non è in condizioni di dare una cronologia assoluta, alla fase del Bronzo antico 2, pur riconoscendo che una continuazione nella fase seguente sarebbe pensabile, ma non documentata 124. In Sangmeister I viene presentata una serie di asce piatte in rame di forma a semplice trapezio e, nella forma tipo Althein, con margini ribattuti, viene riconosciuta un'intera serie di asce piatte del Nord Italia, attribuibile alla cultura di Remedello 125, tra le quali trova confronti l'ascia in questione. Si pone a questo punto il problema dell'inserimento cronologico della cultura di Remedello nel quadro della successione delle culture preistoriche italiane, problema alquanto dibattuto, spesso ripreso e tuttora insoluto. Infatti, se la derivazione di Polada da Remedello, proposta dal Peroni 126, non è accettabile, ma invece più probabile una certa contemporaneità tra Remedello e le fasi iniziali di Polada, come già sostenuto dal Sangmeister 127, ribadito poi da Barfield-Fasani 128 e ancora dal Barfield 129, resta tuttavia di estrema incertezza attribuire l'ascia o all'orizzonte culturale di Remedello, inteso come momento antecedente rispetto a Polada, o alla fase più antica del Bronzo antico per la mancanza di una analisi del pezzo. Il secondo oggetto è uno spillone con testa piatta, pressocché circolare, giuntoci in condizioni frammentarie (manca infatti della estremità del fusto e dell'occhiello, la cui presenza è intuibile, in quanto, nella parte superiore della testa, restano tracce di una appendice atta ad essere appesa) e notevolmente incrostato, per cui poco visibile la decorazione a ponti che lo orna e che è tipica di tali spilloni (fig. 29, 2). Il Peroni definisce questo tipo « con testa a disco » 130, per la forma appunto della capocchia, che, è inoltre dotata di occhiello a rotolo. La sua diffusione in Italia è documentata, oltre che alla Tanaccia, a Cisano 131 a Ledro 132, in stazioni interessate dalla cultura di Polada, di cui l'uso di spilloni sono una peculiarità. Infatti, mentre oggetti di ornamento personale ci sono noti, in misura abbastanza consistente, in varie facies italiane della prima età del Bronzo, sia da sepolture, sia da insediamenti, l'uso e la fabbricazione degli spilloni si afferma in Italia solo nell'ambito della facies di Polada. La diffusione nella cultura di Polada di questo genere di oggetti ornamentali, tanto diffusi e culturalmente importanti nell'Europa Centrale all'inizio dell'età del Bronzo, è considerata dal Peroni 133 non un fatto dovuto semplicemente al capriccio delle fonti archeologiche, ma piuttosto un fenomeno organico che rispecchia un preciso carattere storico. I rapporti con l'Europa Centrale e Centro-orientale sono documentati da esemplari provenienti dalla zona del Danubio 134, dalle necropoli antiche di Straubing 135 e di Unétice 136, da Albernof, inoltre dal Cantone del Vallese in Svizzera 137 e pure dalle Alpi Marittime (Tumulo di Monte Corvo) 138 In particolare della regione carpatica sono caratteristici gli spilloni con testa a cappio e decorazione a sbalzo centrale. Attraverso il Danubio, come arteria, giunge l'uso di ornare gli spilloni con testa a cappio con motivi a sbalzo nella Germania meridionale e anche nell'Italia settentrionale; qui gli esemplari costituiscono la loro ultima fase di sviluppo, in particolare con le forme grandi (Cisano-Ledro) 139 Queste forme, a loro volta, rappresentano la varietà A dello spillone del tipo con testa a disco del catalogo del Carancini, dove il nostro spillone è indicato come varietà B, per le sue dimensioni e per la mancanza di decorazione, con diffusione geografica specificamente limitata alle regioni Emilia e Toscana 140 Per quanto riguarda la cronologia, lo spillone è considerato dal Peroni appartenente alla fase Polada 2A, con probabile continuazione in quella 2B. Il Bill ritiene che tali spilloni appartengano alla fase di passaggio dall'età del Bronzo antico al Medio. La Gimbutas, che ricollega questi spilloni alla fase antica delle necropoli di Unétice e di Straubing, indica lo sviluppo cronologico di tale fase nel periodo 1800-1650 a.C. Inoltre gli spilloni con decorazione a sbalzo della regione carpatica, la cui datazione si basa sui ritrovamenti ungheresi di Batta ed Esztergon, sono datati alla terza fase dell'età del Bronzo antico ungherese, contemporaneo alla fine della cultura di Aunjetitz. Il Rageth lo data alla fase tarda del Bronzo antico, mentre il Carancini si limita a considerarlo « una delle forme classiche della prima età del Bronzo ». Pertanto, dalla serie di confronti proposta, si delinea come più attendibile una collocazione cronologica nella fase più avanzata del Bronzo antico. INDUSTRIA IN OSSO E CORNO L'industria in osso della Tanaccia è documentata da oggetti di tecnica piuttosto raffinata e di fattura accurata. Sono presenti quattro pendagli: del tipo pugnaletto di forma a losanga (fig. 30, 1), triangolare (fig. 30, 3), a piastrina rettangolare (fig. 30, 2) e a grosso ago (fig. 30, 4). I primi tre, in discreto stato di conservazione, presentano una decorazione costituita da fori pervi o solamente incisi e trovano confronti a Barche di Solferino 141; il quarto risulta perfettamente conservato e levigato in ogni sua parte e con un grosso foro. Caratteristico è un ago crinale a tre spigoli con due fori ovali a metà del corpo (fig. 30, 5). Vi è poi una serie di punteruoli, alcuni integri, altri più o menu frammentati, di forma appuntita o corta e tozza, a sezione circolare, sfaccettata o piuttosto appiattita (fig. 30, 6-10, 15-17); alcuni, inoltre, presentano ad una estremità un restringimento a mò di impugnatura (fig. 30, 7-9). Tra l'industria compare anche un gruppo di spatolette frammentate, di sottile spessore (fig. 30, 11-14). e una grossa spatola con sezione a mezzaluna, ottenuta da un corno di cervide (fig. 30, 21). Punteruoli e spatole si confrontano alle Arene Candide 142; a Lipari, nei livelli del Neolitico superiore 143; alla Grotta Pertosa 144; a Norcia 141; a Ripoli, nella Valle della Vibrata 146; a Cetona 147; a Laterza, tomba 3, livello XI 148 Sono presenti pure alcuni corni, probabilmente di cervide (fig. 31, 1, 2) e un cornetto di capriolo (fig. 31, 1); per i primi, un confronto si può istituire con un manufatto analogo proveniente dal Sottoroccia del Farneto, fotografato da Scarani, ma, per tutto il materiale, i confronti, più estesamente, si possono fare con l'industria in corno e osso della cultura di Remedello. I denti, appartenenti probabilmente a canidi e cinghiali, sono per lo più forati (fig. 30, 18-20, 22). Generalmente i denti di animali erano utilizzati tanto come utensili quanto come ornamenti e, in quest'ultimo caso, levigati e frequentemente forati. Per la presenza del foro i denti si confrontano con quelli rinvenuti a Ledro 149; alle Arene Candide 150; alla Romita di Asciano 151; alla Grotta del Castello di Vecchiano (PI) 152; nel Forlivese 153; a Luni sul Mignone 154; a Norcia 155; a Laterza 156; alla Grotta di S. Elia 157 e alla Grotta di S. Bartolomeo 158 in provincia di Cagliari. Sono state inoltre rinvenute alla Tanaccia trenta conchiglie fossili del tipo Pectunculus, forate all'ambone. Si ritiene che esse fossero elementi di collana, come se ne sono trovate in abbondanza a Luni sul Mignone, in diversi livelli; alle Arene Candide, nel livello del Neolitico superiore; alla Romita di Asicano; a Cetona. Sono presenti, ma non in numero abbondante, ossa di bruti, tra cui i reperti più significativi sono due crani di canidi, di cui uno completo di articolazione mandibolare, e una arcata dentaria. Le ossa umane sono presenti in scarso numero; le loro caratteristiche e i dati relativi al loro rinvenimento sono riportati nelle conclusioni. La presenza quantitativamente e qualitativamente significativa di materiale in osso e corno alla Tanaccia non deve sembrare un fatto particolare; a questo proposito si può qui ricordare come sia stato osservato, nell'ambito della facies di Polada, il ruolo di concorrenza della lavorazione artigianale del corno e dell'osso rispetto al metallo 159. Si può quindi pensare che, anche alla Tanaccia, si supplisse alla insufficiente disponibilità di metallo con un’altra produzione di notevole perizia tecnica, come possono benissimo testimoniare non solo il materiale appena descritto, ma anche la produzione silicea, se messi in rapporto con quella metallurgica. INTERPRETAZIONE I dati fin qui esposti portano immediatamente alla constatazione che lunghissimo fu l'arco di tempo in cui l'uomo frequentò questa grotta; i reperti documentano infatti la vita materiale per il periodo che va dall'Eneolitico all'Età romana. Gli aspetti culturali presenti sono quelli della Lagozza, di Conelle, di Remedello, di tradizione del bicchiere campaniforme, forse contemporaneo a Polada; quest'ultima cultura è quella che maggiormente si caratterizza per abbondante e qualificata presenza di forme fittili e di altri materiali e nel cui ambito si effettua il maggior numero di confronti. La stretta dipendenza da Polada, già attestata dagli studiosi, nella misura in cui la limitata conoscenza del materiale della Tanaccia lo permetteva, viene qui confermata da una ampia serie di raffronti; l'esame accurato e la presentazione di quanto è risaltato dagli scavi permette, inoltre, di correggere ciò che erroneamente è stato scritto a proposito degli elementi di associazione della produzione fittile di Polada, riconosciuti nella grotta in questione 160.. La proposta del Peroni di considerare la Tanaccia gravitante nell'ambito della cultura di Asciano, ristretta pertanto a poche stazioni in un ambito geografico non molto omogeneo, non mi sembra accettabile in quanto, alla Romita, quasi tutti i tipi ceramici identificati rientrano nel repertorio più ampio di Polada e, inoltre. gli elementi poladiani sono associati ad un contesto diverso 161. Sulla inaccettabilità della tesi del Peroni parecchi studiosi sono concordi 162; a mio parere, inoltre, gli elementi che alla Tanaccia sono stati considerali di Asciano potrebbero essere piuttosto visti come un apporto del vaso campaniforme. Il Cazzella parla di una facies cronologicamente a cavallo tra l'Eneolitico e l'età del Bronzo che, secondo lui, può forse essere individuata nella Toscana settentrionale e nell'Emilia e che presenta caratteri abbastanza unitari (ad es. oltre alle anse a gomito. schemi iconografici metopali e decorazione realizzata con tecnica di tipo campaniforme, mediante pettine) ed una testimonianza stratigrafica precisa, quella della Romita di Asciano, livelli 7-8. La sua interpretazione della stratigrafia di Asciano lo porta a limitare questa Facies entro uno spazio non troppo ampio dell’antica età del Bronzo e, di , conseguenza, a considerarla come fenomeno di transizione piuttosto che manifestazione vera e propria dell’antica età del Bronzo nella zona considerata 163. Il Barfield, che considera la Tanaccia interessata dalla cultura del vaso campaniforine, nel quadro cronologico della diffusione dei vari stili che caratterizzano tale orizzonte culturale, pone la nostra grotta come rappresentante del momento evolutivo culminante dello « stile italiano » 164. Quindi, pur riconoscendo a queste manifestazioni un gusto locale, egli nega che possano essere mediate dalla cultura di Polada come invece è mia opinione. Alla luce delle conoscenze attuali e piuttosto difficile inquadrare organicamente questa fase della grotta anche nell’ambito delle coeve manifestazioni culturali della regione. Pochi sono infatti in Emilia-Romagna i ritrovamenti riferibili alla prima età del Bronzo e, d'altra parte, essi hanno restituito un numero esiguo di materiali (si ricordano a questo proposito i livelli inferiori dei depositi della grotta del Farneto e dell'insediamento di S. Agnese di Borgo Panigale nel Bolognese, l'orizzonte scoperto nel Cesenate in frazione Diegaro e l'abitato di Valle Felici presso Cervia nel Ravennate). Il materiale conferma contatti e influenze, principalmente con le prime tre stazioni che hanno, tra l'altro, la caratteristica di essere situate in zone pedemontane e quindi, anche allora, facilmente accessibili agli uomini e agli influssi culturali. Nel territorio di Faenza sono stati segnalati altri insediamenti attribuibili al Bronzo antico, che risultano ubicati per lo più in zone elevate e particolarmente lungo la Vena dei Gessi che si sviluppa trasversalmente alle vallate comprese tra il Lamone e il Santerno, la cui linea di cresta dovette costituire un'importante via di comunicazione per le genti dell'Eneolitico e del Bronzo antico. L'elevato livello culturale che si riscontra alla Tanaccia, indice di una società « discretamente » evoluta, è favorita certo dalle condizioni climatiche e da una economia che, oltre che sull'agricoltura e sull'allevamento, si basa ormai su attività commerciali, come mostra la presenza, se pur scarsa, di oggetti in metallo. Si deve inoltre notare come qui giungano, in misura maggiore che non nelle altre stazioni succitate, influenze dall'area lombarda, toscana e medio-adriatica, tanto che la Tanaccia può, a buon diritto, considerarsi un punto di estremo interesse per questo incontro di culture, posta com'è su quella linea di separazione che, durante il Bronzo antico, venne a definire, nella penisola italiana, due aree diverse, ma con manifestazioni culturali omogenee nel loro interno. Quanto ad una definizione più precisa della utilizzazione della Tanaccia in questa epoca, si può osservare che la zona in cui essa si apre è ricca di altre stazioni preistoriche, ugualmente in grotta. La loro conoscenza, fino a questo momento, non è particolarmente indicativa, in quanto, se consideriamo la grotta del Re Tiberio, che pure, fin dalla sua antica scoperta fu oggetto di numerosi scritti, non possiamo dire di possedere ancora una obiettiva interpretazione cronologica dei dati archeologici da essa restituiti; le altre cavità naturali del Faentino, ad es. la grotta dei Banditi, è ancora inedita, quelle della Sorgente del Rio Basino e del Buco I di Monte Mauro, sono, per ora, solo indiziate di presentare una situazione analoga alle due più famose. La caratteristica natura calcarea della zona e particolarmaente la morfologia e la esposizione a Nord della Tanaccia non dovevano consentire ottimali condizioni di vita all'interno di essa. Ancora oggi, nonostante i cambiamenti strutturali sopravvenuti con gli anni, resta, davanti alla grotta, un ampio piazzale, da cui scavi clandestini hanno recuperato del materiale archeologico. Tale piazzale, oltre ad essere ampio, risulta anche naturalmente ben difeso e perciò doveva prestarsi bene a servire da sosta alle genti che là si recavano per assolvere alle funzioni legate alla utilizzazione della grotta. Quale fu la funzione della Tanaccia? E' difficile dirlo e altrettanto supporlo alla luce del poco che si conosce. Ritengo importante ricordare un dato, osservato al momento, della indagine archeologica, che ci è riferito dal giornale di scavo e cioè che la maggior parte delle forme fittili, raccolte integre; era stata deposta capovolta. Oltre a questa costumanza, molti altri elementi possono essere visti in stretta attinenza con i corredi funebri, ad cs. la perlina di steatite, le conchiglie fossili forate, i punteruoli e i pendagli in osso, le cuspidi di freccia, i martelli lirici forati, l'accettina di pietra verde, l'ascia e lo spillone in metallo. In particolare queste costumanze funerarie ricordano quelle attestate nella grotta del Colombo di Mori 165. Oltre ad ossa umane isolate, rinvenute sparse un po' dovunque nel deposito. dalle relazioni di scavo si apprende la notizia di tre reperti più significativi. Il primoè rappresentano da uno scheletro di bambino, rinvenuto al di sotto di un pesantissimo blocco di roccia, senza corredo, in un lembo di terreno completamente sterile. Il secondo e costituito da un gruppo di ossa (pochissime e pertinenti agli arti superiori), in connessione anatomica parziale, appartenenti ad un adulto, ritrovate addossate alla parete Est della grotta a relativa profondità, in vicinanza delle quali fu raccolta una cuspide di freccia e, poco più distante, una mandibola. Questa serie di circostanze fece supporre cagli scavatori che si trattasse di una sepoltura, sconvolta in tempi relativamente antichi. Nel terzo caso, aderente alla parete gessosa di una nicchia laterale della grotta, venne in luce un gruppetto di ossa craniche, riferibili ad un adolescente, in prossimità delle quali erano due piccoli crani interi di canide ed un buon numero di vasi, interi e frammentati, ornati ed inornati. Per ora il rito della inumazione parziale in Emilia, fin dall'Eneolitico, risulta esclusivo delle cavità naturali, ad es. la Tana della Messina 166 e presenta, come carattere comune, l'accentuato frazionaniento dei resti scheletrici, normalmente disseminati negli strati archeologici, in evidente promiscuità coi resti delle industrie e le ossa animali. Pertanto la conservazione di crani e di loro parti staccate, sia per l'uomo, sia per gli animali, appare intenzionale e legata a manifestazioni religioso-funerarie. Come al Colombo di Mori, anche alla Tanaccia, si dovette avere una fase di utilizzazione funeraria, il cui rituale preciso sfugge, per l'insufficienza dei dati di scavo da poter prendere in considerazione. D'altra parte, una funzione sacrale della grotta mi sembra improbabile, in quanto non si ha notizia che significativi elementi documentino la eventuale presenza di un culto di acque, che, tuttavia, neppure la situazione idrogeologica del luogo evidenzia, o segnalino tracce di offerte votive a qualche divinità. Pertanto la Tanaccia dovette rappresentare un luogo scelto per la deposizione dei propri morti da parte delle genti che sporadicamente erano stanziate in quelle zone e dei cui abitati ancora non sono state trovate tracce consistenti, ma solo indizi, limitati e sparsi, a seguito di distruzioni causate- dai lavori agricoli. Quanto al numero delle sepolture, oltre quanto già esposto niente si può affermare con certezza; indubbiamente le nostre conoscenze al riguardo sono scarse, ma non si deve dimenticare la limitatezza dell'intervento di scavo. La grotta fu probabilmente abbandonata alla fine del Bronzo antico, forse in seguito ad una imponente frana prodottasi per fenomeni termoclastici o di natura tellurica (lo stanno a dimostrare accumuli gessosi e massi ciclopici che occupano, tuttora, buona parte della cavità); è da ricordare, inoltre, che tutto l'Appennino romagnolo è zona sismica. Una seconda fase di utilizzazione della grotta, più verosimilmente di frequentazione, che non di vero e proprio insediamento, dovette iniziare verso la fine del Bronzo media e continuare nel Bronzo recente e finale. Una tale situazione sembra riscontrarsi anche nelle altre grotte che si aprono nella Gena dei Gessi della Romagna 167; è testimoniata pure nelle grotte del Bolognese 168, in particolare in quelle della Farneto e Calindri 169, e forse ha per causa un fenomeno naturale che le accomuna, quale un deterioramento climatico. Le forme appartenenti a questa fase denotano uno stato di impoverimento e di decadenza e fanno pensare ed una società piuttosto chiusa ed arretrata, con economia poggiante quasi esclusivamente sulle attività pastorali e sull’allevamento. Scarsa doveva essere la pratica agricola, soprattutto per la struttura geologica del terreno circostante, costituita da gessi e da argille scagli ose. Riguardo alla scarsità dei materiali attribuiti all’età del Ferro e romana non si può sapere se ciò sia dovuto a insufficienza di indagine o a motivi che impedirono, in quell’epoca, una frequentazione tale da lasciare tracce consistenti. È giusto però ricordare che gli scavi Scarani interessarono solo una parte della grotta, che, molto spesso, fu trovato il terreno sconvolto ad opera di scavatori clandestini e, soprattutto, che molte difficoltà, a causa della natura del terreno, furono incontrate e si potrebbero incontrare per il proseguimento dell’indagine archeologica che, dal punto di vista scientifico, sarebbe certamente auspicabile. |
Speleo GAM Mezzano (RA)