AA. VV. Acque, grotte e Dei - 3000 anni di culti preromani in Romagna, Marche e Abruzzo a cura di Marco Pacciarelli - Imola - Marzo 1997   

   

LA GROTTA DELLA TANACCIA DI BRISIGHELLA

      

  di  Meri Massi Pasi, Gabriella Morico

     
    

Il complesso carsico della Tanaccia-Buchi del Torrente Antico è tra i più estesi ed articolati della Vena del Gesso romagnola (Costa 1987). La grotta si apre 2 km a Ovest di Brisighella, con un vasto ambiente iniziale, oggetto di indagini archeologiche (fig. 1).

La scoperta si deve allo speleologo triestino Giovanni Mornig (Bentini 1995), che negli anni 1934 e 1935 esplorò per primo la cavità, riportando alla luce alcuni reperti ceramici, da allora conservati presso il Liceo "Torricelli" di Faenza (Farolfi 1976, figg. 4, 14,15,18; il materiale è attualmente in deposito presso il Museo di Scienze Naturali di Faenza),

La caverna si presentava, secondo quanto riferisce Mornig, con un imponente arco alto 8 m e largo 12, e una lunghezza visibile di ca. 14 m. Il passaggio ad un secondo ambiente, non esplorato, era chiuso da imponenti massi.


Fig. 2. Grotta della Tanaccia (Brisighella): sviluppo complessivo e sezione della grotta.Nella parte iniziale (fino al n. 1) è visibile il vano di ingresso, oggetto delle indagini archeologiche.

A distanza di vent'anni le ricerche furono riprese a cura della Soprintendenza Archeologica dell'Emilia Romagna con alcuni sondaggi durati complessivamente quindici giorni, nel corso del 1955-56 (Scarani 1962). Sotto la direzione di R. Scarani furono aperte tre trincee nel vano anteriore della grotta e in parte in un ambiente più interno. Qui Scarani riconobbe una stratigrafia dello spessore complessivo di m 4, in cui evidenziò, al di sotto di uno straterello superficiale sterile, due livelli archeologici: il primo di 60 cm di spessore, con reperti dell'età del ferro e il secondo, di m 2,70 di spessore, con materiali riferibili prevalentemente all'Eneolitico-Bronzo antico; i due livelli erano separati da uno strato sterile (Scarani 1962, fig. 3). Nella parte inferiore del secondo livello furono rinvenute tracce consistenti di focolari. Scarani distingue all'interno di questo ulteriori strati, che giustificano l'ampio arco cronologico testimoniato dai reperti della Tanaccia, databili dall'Eneolitico fino a tutto il Bronzo antico ed oltre. Purtroppo i materiali, già oggetto di uno studio sistematico (Farolfi 1976), non hanno, come è noto, indicazioni di provenienza correlabili con la stratigrafia indicata. La lettura dei giornali di scavo conservati nell'Archivio della Soprintendenza Archeologica di Bologna permette tuttavia di cogliere alcuni dati associativi, anche grazie alla presenza sulle relazioni manoscritte dei disegni di alcuni oggetti [1].

A parte alcuni reperti isolati di probabile tradizione lagozziana (Farolfi 1976, fig. 4, 1), la fase di frequentazione più antica è documentata da una decina di frammenti con decorazione a fasce punteggiate non marginate (Farolfì 1976, fig. 1, 3,5,7,8 e fig. 6,3,5,6) riconducibili alla facies eneolitica di Conelle (Puglisi 1965, tav. CXL, 2). Si tratta di frammenti di ciotole carenate con breve parete rientrante verso l'imboccatura, di un tipo non attestato fra i materiali editi del sito marchigiano, né altrimenti noto nell'aspetto culturale di Ortucchio, dove pure questo tipo di decorazione è largamente rappresentato (Radi 1988). Nei frammenti della Tanaccia la parete sopra la carena si presenta di solito interamente occupata da larghi punti o piccoli segmenti impressi e incrostati di bianco; questo schema si combina talvolta con bande punteggiate disposte verticalmente sulla vasca. Tutti i frammenti risultano privi di dati di associazione o stratigrafici; soltanto di due di essi (Farolfì 1976, fig. 1, 5 e 7), sappiamo che furono rinvenuti all'imbocco della grotta a 70 cm di profondità, assieme ad un frammento di ascia-martello in pietra levigata (Scarani 1956). Altri materiali con la stessa decorazione sono stati recuperati in anni più recenti, in seguito a raccolte clandestine che hanno interessato lo spiazzo antistante la grotta (Bermond Montanari 1990, fig. 2).

Ampiamente attestata è la frequentazione della grotta in un momento iniziale del Bronzo antico, quando la Tanaccia venne utilizzata a scopo prevalentemente funerario. Numerose ossa umane furono rinvenute sparse in vari punti del deposito; sulla base dei giornali di scavo e delle notizie edite da Scarani si può ricostruire la presenza di:

- uno scheletro di bambino rinvenuto al di sotto di un masso roccioso, nella parte anteriore della grotta (trincea A) [2];

- ossa della spalla e del braccio di un individuo adulto, rinvenuti in connessione anatomica nella trincea A a 60 cm di profondità, insieme a una punta di freccia, non riconoscibile fra quelle oggi conservate [3] ;

- una mandibola di bambino con 2 dentini rinvenuta a 90 cm di profondità nella trincea B (nella parte mediana del vano di ingresso) insieme a una punta di freccia in selce e a un pugnaletto in osso, anche questi non identificabili.

Lo studio dei resti antropologici ha individuato complessivamente la presenza di tre calotte craniche, pertinenti a un bambino e due adulti giovani, di cinque mandibole attribuite a due adulti e a tre giovani e di numerose ossa del tronco e degli arti riferibili ad almeno quattro individui, in parte adulti; in tutti i casi in cui è stato possibile determinare il sesso, questo è risultato maschile (Facchini 1964).

Uno specifico rito di sepoltura è testimoniato dal rinvenimento in una nicchia dell'ambiente principale di due calotte craniche, rispettivamente di bambino e di adolescente, accanto a due crani che Scarani identificò come di canide; nelle immediate vicinanze furono rinvenute una tazzina con ansa a gomito, deposta capovolta (n. 2) e un frammento decorato con un motivo a pettine profondamente inciso (tav. 1,3; fig. 3). Il cranio oggi conservato nel Museo di Ravenna appartiene in realtà ad un tasso [4]; viene a cadere quindi per la Tanaccia l'ipotesi della deposizione intenzionale di cani accanto ai resti umani, peraltro ben documentata in vari contesti funerari a partire dal Neolitico (Cocchi Genick 1996a, p. 327). Resta il dato significativo della posizione capovolta della tazzina n. 2 (fig. 3), posizione che secondo quanto riferito da Scarani era comune alla maggior parte delle tazze e dei boccaletti trovati integri nel corso dello scavo e che può essere messa in relazione a particolari riti funerari.

L'importante dato cronologico che si ricava dall'associazione sopra descritta fra forme tipiche del Bronzo antico inornate e vasi decorati nello stile del tardo campaniforme viene ulteriormente confermata da quanto riportato nel giornale di scavo (Scarani 1956) a proposito del rinvenimento di una tazzina globulare con un'ansa a gomito con appendice pizzuta (n. 4) e di alcuni frammenti pertinenti a due vasi distinti, decorati il primo con un motivo a scacchiera e il secondo con fasci di linee a spina di pesce delimitati superiormente da una fila di triangolini excisi (tav. 1,1-2; fig. 4) [5]. In entrambi i casi la decorazione è ottenuta incidendo profondamente con uno strumento a pettine. Tutti gli autori sono concordi nel riferire questo gusto decorativo alla tradizione del vaso campaniforme in una fase più recente rispetto ai motivi decorativi di tipo AOC (Barfield 1977). Questi schemi ornamentali, spesso ottenuti non più a pettine, ma ad intaglio, su forme vascolari che non sono più quelle tipiche del bicchiere a campana, comprendono motivi metopali variamente combinati fra loro; sono stati raggruppati dal Barfield sotto la denominazione di "stile della Tanaccia" (Barfield 1987) e sono stati inclusi da R. Peroni tra gli elementi più caratteristici della facies di Asciano (Peroni 1971, pp. 141-172). Cronologicamente queste estreme manifestazioni del vaso campaniforme si collocano agli inizi del Bronzo antico (Cocchi Genick 1996a, p. 82 ss.), come documentano le associazioni riscontrate nei livelli 7-8 della Romita di Asciano, posti immediatamente al di sopra di uno strato con campaniforme di tipo marittimo (livello 9) e subito al di sotto dei livelli ancora databili al Bronzo antico, ma senza materiali decorati nello stile del campaniforme (Peroni 1962-63; Cocchi Genick 1996a, pp. 82-85 ). Analoghe associazioni sono testimoniate a Borgo Panigale (Barfield 1977, fig. 2:13, 4-5), alla Grotta del Foritino (Vigliardi 1996) e nel sito fiorentino di Querciola (Radi, Vigliardi 1988, figg. 20-21). A conferma ulteriore di questo inquadramento cronologico sta la presenza alla Tanaccia di un'ascia in bronzo a margini leggermente rialzati (n. 9), tipologicamente inquadrabile agli inizi del Bronzo antico (Carancini 1996, fig. 7, 7), che fu rinvenuta, secondo quanto riportato nel giornale di scavo, nel 2° livello della trincea C, nella parte più interna della grotta, insieme a frammenti decorati in stile campaniforme, attualmente non identificabili (Scarani 1955).

Nell'ambito delle fasi iniziali dell'età del bronzo si collocano anche altre tazze, oltre quelle già descritte, tutte di forma arrotondata con breve colletto più o meno distinto, spesso con fondo convesso, munite di ansa ad anello (n. 5), a gomito (Farolfi 1976, fig. 4, 14), a gomito con appendice pizzuta (Farolfi 1976, fig. 4, 15,18) o a bugnetta (Massi Pasi, Morico 1996, fig. 6). La tazzina n. 3 con fondo arrotondato e sei bugnette sulla carena è caratterizzata da una grande ansa a gomito a sezione quadrangolare. Tra le altre forme attestate si segnalano alcuni boccaletti con ansa nastriforme a gomito con appendice asciforme appena accennata (n. 6) o con cordoncini che si dipartono dagli attacchi superiori (n. 7). In alcuni dei vasi sopra descritti si colgono legami con il Bronzo antico iniziale dell'Italia peninsulare, soprattutto per il tipo di ansa a gomito molto sviluppato con appendice pizzuta (Laterza), mentre altre forme si avvicinano maggiormente al repertorio fittile poladiano.

La mancanza di ulteriori dati stratigrafici e di provenienza non permette di inquadrare con più precisione i restanti materiali della Tanaccia, in larga misura ascrivibili tipologicamente al Bronzo antico (Cocchi Genick 1996a). Fra questi si segnalano: i vasi cilindrici a imboccatura leggermente rientrante decorati da cordoni variamente disposti sulle pareti (Farolfi 1976, fig. 6, 2) o con anse ad anello impostate su cordoni (Eadem 1976, fig. 12, 6 e 18, 4); le ciotole a vasca profonda con orlo ingrossato e appiattito all'interno (Eadem 1976, fig. 11, 24) o con carena arrotondata e breve parete rientrante (Eadem 1976, fig. 9, 1-5); le anse a gomito, con appendice pizzuta o corta terminazione ad ascia (Eadem 1976, fig. 8). Ad un momento avanzato del Bronzo antico si data lo spillone con testa a disco decorata da puntini a sbalzo (n. 10).

Ritornando ad esaminare le manifestazioni funerarie della Tanaccia, ulteriori elementi attinenti questo ambito sono rappresentati dalle conchiglie forate (Farolfi 1976, p. 235), dai vaghi di collana in pietra (n. 15) o ricavati da denti di animali forati (n. 19) e da alcuni pendagli in osso conformati a guisa di pugnaletti (nn. 16-18). Con molta probabilità si tratta di oggetti pertinenti in origine a corredi funerari. La presenza dei modellini di pugnale si collega alla rappresentazione simbolica delle armi, attestata anche in altri siti del Bronzo antico (Barche di Solferino, Grotta dello Scoglietto, incisioni rupestri) e interpretata come espressione rituale di una sorta di culto dell'arma (Cocchi Genick 1996b, p. 126; Morandi et al. 1996).

Riassumendo brevemente i dati fin qui esposti, la grotta della Tanaccia venne utilizzata a scopo funerario prevalentemente se non esclusivamente in un periodo di tempo compreso fra il pieno Eneolitico e l'antica età del bronzo. Specifici usi rituali connessi al costume funerario sembrano testimoniati dall'uso di deporre alcuni recipienti integri (prevalentemente tazze e boccaletti) in posizione capovolta e dalla rappresentazione simbolica delle armi sotto forma di pendagli-amuleti in osso. L'associazione fra questi elementi e frammenti di ceramica decorata nello stile del tardo campaniforme colloca queste ipotetiche manifestazioni di tipo cultuale agli inizi dell'antica età del bronzo, in accordo con quanto accertato in altre grotte dell'Italia peninsulare (Cocchi Genick 1996b) [6]. Meno chiaramente accertate sono le modalità di seppellimento dei resti umani: troppo labili infatti sono gli indizi per supporre eventuali deposizioni secondarie o specifici riti di sepoltura come ipotizzato nel caso dei resti di infante rinvenuti sotto un masso nella trincea A o delle calotte craniche associate a resti di animali nella grotticella laterale.

Il numero relativamente limitato dei resti antropologici rinvenuti, appartenenti ad un massimo di 10-12 individui, tutti di sesso maschile, quando riconosciuti, potrebbe far pensare a seppellimenti selettivi, riservati solo ad alcuni individui della comunità, secondo criteri che non siamo in grado di riconoscere.

Bibliografia

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Note

[1] Nell'Archivio della Soprintendenza Archeologica di Bologna si conservano una copia dattiloscritta del giornale di scavo del 1955 più una relazione riassuntiva dello stesso corredata da alcuni rilievi (cit. Scarani 1955) e il manoscritto originale del giornale di scavo del 1956 (cit. Scarani 1956).

[2] Nel giornale di scavo si parla in realtà del rinvenimento di "un cranio e poche ossa" circa 30 cm sotto un blocco di gesso (Scarani 1955).

[3] Dalla lettura del giornale di scavo sembra di poter arguire che tali resti umani si trovassero a pochissima distanza dal precedente rinvenimento descritto (Scarani 1955).

[4] Il riconoscimento della specie di appartenenza è di Ivano Fabbri del Museo di Scienze Naturali di Faenza.

[5] A questo proposito si deve osservare che tutto il vasellame decorato nella tradizione del campaniforme nella Tanaccia è in frammenti non ricomponibili, anche quello che, secondo i giornali di scavo, fu rinvenuto vicino alle tazze e ai boccaletti deposti integri e capovolti per probabili ragioni rituali. Questo fatto pone qualche incertezza sulla validità dei dati associativi desumibili dalle relazioni.

[6] Gli unici due vasetti miniaturistici (Farolfi 1976, fig. 23) per la forma e il tipo di impasto potrebbero collocarsi in una fase di frequentazione più recente.

(Le fotografie dei reperti sono di Sergio Orselli.)

  

Speleo GAM Mezzano (RA)